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Killer sempre più temibili Boom di germi dai super-poteri “Colpa dell’abuso di antibiotici”

di Simona Regina
Occhi puntati su Candida auris. Ma non è il solo sorvegliato speciale. È, in realtà, l’ultimo in ordine di tempo di una fitta schiera di germi che hanno acquisito super-poteri o, meglio, la capacità di resistere ai farmaci.
Sotto accusa l’uso improprio dei medicinali antimicrobici, anche in agricoltura e negli allevamenti. «Un abuso che rischia di renderci vulnerabili a infezioni causate da funghi e batteri un tempo curabili », commenta Silvio Brusaferro, commissario dell’Istituto Superiore di Sanità e professore di igiene all’Università di Udine.
A metterci in guardia anche uno studio supportato dal Wellcome Trust e dal ministero della Salute del Regno Unito: se non si agisce per fermare l’ascesa di superbatteri e superfunghi, nel 2050 saranno responsabili di 10 milioni di morti. Saranno killer più spietati dei tumori. «Uno scenario preoccupante - puntualizza il commissario dell’Iss -. Abbiamo raggiunto un punto critico e dobbiamo agire, su scala
globale, per rallentare la diffusione delle resistenze antimicrobiche, che causano vittime, degenze ospedaliere prolungate ed elevati costi sanitari e sociali». Si tratta, ogni anno in Europa, di 33 mila morti, di cui 10 mila nel nostro Paese.
L’Italia, d’altra parte, è tra le nazioni con il maggiore consumo di antibiotici (sebbene da alcuni anni il trend sia decrescente) e con i tassi più elevati di resistenza e multiresistenza, quella di un batterio ad almeno quattro antibiotici di classi diverse. Non è un caso - rivela l’Iss - che mezzo milione di persone, ogni anno, contragga un’infezione ospedaliera e la maggior parte sono dovute proprio a germi resistenti agli antibiotici, come Klebsiella. Il numero di infezioni dovute solo a questo batterio sono 2 mila, ogni 12
mesi, mentre è in lieve diminuzione l’antibiotico-resistenza per quanto riguarda Streptococcus
pneumoniae sia per la penicillina sia per l’eritromicina: «È una diminuzione probabilmente riconducibile
alla vaccinazione antipneumococcica nei bambini».
Promuovere un uso appropriato degli antibiotici è uno degli obiettivi del «Piano nazionale di contrasto all’antibiotico resistenza », voluto dal ministero della Salute. Perché dalla scoperta della penicillina - nel 1928 da parte di Alexander Fleming - a oggi lo sviluppo degli antibiotici ha rivoluzionato il trattamento
delle malattie infettive. «Hanno cambiato la storia dell’umanità, ma, usandoli in modo inappropriato, abbiamo ingrossato le fila dei batteri resistenti», chiosa Brusaferro.
Il punto è che i batteri e gli altri patogeni si sono sempre evoluti per resistere ai farmaci, ma oggi lo fanno a un ritmo molto più veloce e molto più rapidamente rispetto ai tempi con cui vengono scoperte nuove molecole terapeutiche.
I dati Aifa evidenziano che gran parte dell’uso degli antibiotici avviene per la prescrizione del medico di famiglia o del pediatra, è più frequente in inverno in concomitanza dei picchi influenzali ed è piùelevato nella prima infanzia e dopo i 75 anni. Troppe prescrizioni?
«Medici e farmacisti sono sotto pressione, perché spesso il paziente pensa che l’antibiotico sia la soluzione
per alcune patologie e, se non gli viene prescritto, sente leso un proprio diritto – osserva Brusaferro -. Ma l’antibiotico non è un alleato della nostra salute quando non serve».
È quindi fondamentale ricordare che gli antibiotici non sono il rimedio a cui ricorrere per il trattamento di raffreddori, sindromi parainfluenzali e influenzali di origine virale e che, inoltre, si deve mettere al bando il fai-da-te. «Ci vuole - conclude - un’azione sinergica tra sanità umana e veterinaria, agricoltura e ambiente,
insieme con i cittadini: è così che si tiene alta l’attenzione sul problema».
RICERCA AL SAN RAFFAELE
Molecole anti-grasso Esistono  due molecole  che svolgono una funzione-chiave nel regolare il modo con
cui il metabolismo si adatta agli stimoli dell’ambiente. A scoprirle è stata Simona Pedrotti del gruppo di Davide Gabellini all’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano: spegnendo questi enzimi nelle cellule di grasso dei topi, si osserva un maggiore consumo di energia e la riduzione del tessuto adiposo.
 
 

fonte:

La Stampa

 

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