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Integratori alimentari, farmacie Cvs: in vendita solo prodotti testati da organismi terzi

Composizione e contaminazione. Questi i due parametri principali degli integratori alimentari che verranno valutati da organismi terzi indipendenti prima di apparire sugli scaffali della catena di farmacie statunitense Cvs. L'iniziativa "Tested to be trusted", lanciata nel 2017 su oltre 1400 prodotti di 152 marchi, ha visto il completamento della prima fase in anticipo e ha comportato l'aggiornamento di alcune etichette e del novero degli integratori in vendita.
Il test, affidato a laboratori indipendenti, si inserisce nella politica di qualità e fiducia della catena, e all'interno di un più ampio quadro di bisogno di controllo su un mercato che, nei soli Usa, frutta ormai 40 miliardi di dollari. Quello che i consumatori non sanno, è che la Fda applica un regime di controllo meno rigido su integratori e prodotti affini, trattati non come farmaci ma come alimenti speciali. Ciò significa che la sicurezza di un farmaco è condizione necessaria per l'immissione sul mercato, mentre gli integratori sono generalmente considerati sicuri sino a prova contraria. L'ente regolatore aveva già sottolineato, in una lettera dello scorso febbraio, la volontà di rafforzare il quadro regolatorio degli integratori.
Secondo un sondaggio di Nsf international, il 61% dei cittadini Usa si dichiara preoccupato per i prodotti che utilizza, ma più del 30% non compie quasi mai ricerche in merito a ciò che acquista o ingerisce. Rilevante anche il dato del 46% che continua ad usufruire di prodotti la cui validità nelle dichiarazioni nutrizionali è dubbia. Da qui dunque la decisione di commissionare test di controllo sull'appropriatezza delle dichiarazioni in etichetta e sulla presenza di impurità, nell'ottica della ricerca di una maggiore fiducia da parte del cliente e del mantenimento di standard qualitativi elevati. Il risultato dei test eseguiti a partire dal 2017 su più di 1400 prodotti ha evidenziato come il 7% dei prodotti in vendita richiedesse o l'aggiornamento delle dichiarazioni nutrizionali, o il vero e proprio ritiro (ben 22 i prodotti eliminati dagli scaffali).
«L'80% dei fallimenti nei test è dovuto alle dichiarazioni di etichetta, come la mancata o inadeguata segnalazione dei livelli di ingredienti - spiega George Coleman, vice presidente senior di Cvs -. Talvolta abbiamo riscontrato la presenza di allergeni non dichiarati, o tracce di elementi. In altri casi veniva indicato un prodotto come senza glutine quando in realtà non lo era».
«La presenza di impurità può essere sia intenzionale che accidentale - ha commentato David Trosin, direttore globale dello sviluppo delle imprese in scienze della salute presso NSF International -. Nei processi di produzione, l'errore umano o il mancato rispetto delle pratiche di fabbricazione imposte dalle autorità di regolamentazione possono portare a contaminazioni o alla mancata corrispondenza con le dichiarazioni nutrizionali. Anche l'adulterazione può essere involontaria o volontaria, quando per esempio un ingrediente vegetale viene incluso per sbaglio in un raccolto o quando viene invece aggiunto deliberatamente per tornaconto economico».
 
 

fonte:

Farmacista 33

 
 

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