Integratori alimentari, farmacie Cvs: in vendita solo prodotti testati da organismi terzi
Il test, affidato a laboratori indipendenti, si inserisce nella politica di qualità e fiducia della catena, e all'interno di un più ampio quadro di bisogno di controllo su un mercato che, nei soli Usa, frutta ormai 40 miliardi di dollari. Quello che i consumatori non sanno, è che la Fda applica un regime di controllo meno rigido su integratori e prodotti affini, trattati non come farmaci ma come alimenti speciali. Ciò significa che la sicurezza di un farmaco è condizione necessaria per l'immissione sul mercato, mentre gli integratori sono generalmente considerati sicuri sino a prova contraria. L'ente regolatore aveva già sottolineato, in una lettera dello scorso febbraio, la volontà di rafforzare il quadro regolatorio degli integratori.
Secondo un sondaggio di Nsf international, il 61% dei cittadini Usa si dichiara preoccupato per i prodotti che utilizza, ma più del 30% non compie quasi mai ricerche in merito a ciò che acquista o ingerisce. Rilevante anche il dato del 46% che continua ad usufruire di prodotti la cui validità nelle dichiarazioni nutrizionali è dubbia. Da qui dunque la decisione di commissionare test di controllo sull'appropriatezza delle dichiarazioni in etichetta e sulla presenza di impurità, nell'ottica della ricerca di una maggiore fiducia da parte del cliente e del mantenimento di standard qualitativi elevati. Il risultato dei test eseguiti a partire dal 2017 su più di 1400 prodotti ha evidenziato come il 7% dei prodotti in vendita richiedesse o l'aggiornamento delle dichiarazioni nutrizionali, o il vero e proprio ritiro (ben 22 i prodotti eliminati dagli scaffali).
«L'80% dei fallimenti nei test è dovuto alle dichiarazioni di etichetta, come la mancata o inadeguata segnalazione dei livelli di ingredienti - spiega George Coleman, vice presidente senior di Cvs -. Talvolta abbiamo riscontrato la presenza di allergeni non dichiarati, o tracce di elementi. In altri casi veniva indicato un prodotto come senza glutine quando in realtà non lo era».
«La presenza di impurità può essere sia intenzionale che accidentale - ha commentato David Trosin, direttore globale dello sviluppo delle imprese in scienze della salute presso NSF International -. Nei processi di produzione, l'errore umano o il mancato rispetto delle pratiche di fabbricazione imposte dalle autorità di regolamentazione possono portare a contaminazioni o alla mancata corrispondenza con le dichiarazioni nutrizionali. Anche l'adulterazione può essere involontaria o volontaria, quando per esempio un ingrediente vegetale viene incluso per sbaglio in un raccolto o quando viene invece aggiunto deliberatamente per tornaconto economico».