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Farmaci di classe C fuori dalle farmacie, č subito scontro

Farmaci di classe C, cioè prescritti con ricetta bianca e a carico del paziente, in vendita nelle parafarmacie, supermarket e centri commerciali: la rivoluzione nel commercio delle medicine è scritta nel piano di liberalizzazioni inserito nel Ddl sulla concorrenza del ministro allo Sviluppo economico Federica Guidi. Tutto il pacchetto delle liberalizzazioni, che coinvolgono anche settori come trasporti, banche, comunicazioni, energia, assicurazioni, dovrebbe arrivare in Consiglio dei ministri il 20 febbraio.

Il decreto in via di predisposizione suscita le ire delle federazioni delle farmacie e degli Ordini dei farmacisti, e incassa anche la 'bocciatura' da parte del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che precisa: "Nessuno scontro con la Guidi, ma sul nodo farmacie abbiamo dato parere negativo".

Secondo il ministro della Salute si metterebbe a rischio la sicurezza dei pazienti e si creerebbe un aumento della spesa farmaceutica, mandando in crisi le farmacie dei piccoli paesi. Inoltre, la nuova misura del pacchetto liberalizzazioni potrebbe avere ripercussioni sul Patto della Salute che si sta chiudendo con le Regioni.

“La nostra contrarietà – prosegue il ministro della Salute – è per motivi sanitari, perché poter acquistare questi medicinali nei supermercati potrebbe aumentare l’abuso di farmaci, già segnalato nell’ultimo rapporto Aifa per quanto riguarda psicofarmaci e oppioidi”. Ma ci sono anche ragioni economiche: “In questi anni abbiamo instaurato un sistema severo che ci ha consentito, attraverso le farmacie, di tenere sotto controllo la spesa farmaceutica territoriale. Infine, una misura di questo tipo provocherebbe la chiusura di molte farmacie italiane. Abbiamo 18.000 farmacie, più numerose delle caserme dei Carabinieri e sono un patrimonio importante”.

Ma quanto valgono i farmaci in C? Circa 2,7 miliardi di euro (dati 2013), cioè poco oltre il 20% del fatturato dei farmaci (classe A più classe C), però tenendo conto che questi farmaci hanno margini di vendita più elevati degli altri, il loro apporto al margine lordo dela farmacia (per la parte proveniente dai farmaci) è di circa il 30%.

A favore del piano, le parafarmacie, fiorite nel nostro Paese dopo la 'lenzuolata' di liberalizzazioni firmata Bersani. "Come era ampiamente prevedibile la crociata di chi, mascherandosi dietro la parola bene comune, lavora da sempre esclusivamente nell'intento di preservare all'infinito i propri privilegi, è già cominciata. Non ci stupisce dunque l'attacco mediatico che il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha sferrato apprendendo dell'arrivo di un pacchetto di liberalizzazioni comprensivo dei farmaci", afferma Davide Gullotta, presidente della Federazione nazionale parafarmacie italiane.

Nelle parafarmacie vigono gli stessi requisiti di sicurezza e controllo per i farmaci previsti nelle farmacie, ricorda il presidente della Federazione parafarmacie, oltre al fatto che nelle stesse parafarmacie lavorano farmacisti (abilitati e inscritti all’ordine professionale) molti dei quali in passato erano a loro volta dipendenti, direttori e in alcuni casi anche proprietari di farmacia.

Farmacisti contro la liberalizzazione
Prevedibile l’opposizione dei farmacisti. Il segretario della Federazione degli Ordini dei Farmacisti, Maurizio Pace dichiara “Nel servizio farmaceutico non esistono più né rendita né posizione. Se si parla di rendita, ma sarebbe meglio dire profitti da lavoro, i margini della farmacia si sono ridotti costantemente dal 2001 per molti fattori, dall’introduzione del generico all’istituzione della distribuzione ausiliaria. Quanto alla posizione, con una previsione di 20mila farmacie dopo la conclusione del Concorso straordinario mi sembra arduo parlare di barriere all’ingresso del settore. Senza contare che anche questo concorso, che secondo l’allora Presidente Monti avrebbe dovuto aprire a 7-8mila giovani farmacisti, grazie alle associazioni istituite in questa occasione, viene vanificato da questa manovra da parte di un Governo che a parole fa del sostegno ai giovani la sua missione principale. Non sembra averlo capito il Governo, ma l’hanno capito bene i giovani, dal momento che molte facoltà di farmacia sono ben lontane dal raggiungere le nuove iscrizioni previste dal numero programmato”.

“In queste condizioni –prosegue Pace-  ulteriori deregolamentazioni significherebbero il venir meno del carattere di impresa civile della farmacia, e la desertificazione delle aree meno “appetibili” in particolare nel Mezzogiorno. L’unico sbocco plausibile sarebbero infatti le concentrazioni e le integrazioni verticali all’interno della filiera, nella migliore delle ipotesi, oppure l’infiltrazione di capitali di non chiara provenienza che ormai in tutto il paese sono alla ricerca di sbocchi”. In conclusione per il segretario della FOFI “l’unico atteggiamento utile al paese sarebbe esaminare finalmente la situazione del settore della distribuzione del farmaco basandosi sui dati fatto, mirando a migliorare il servizio ai cittadini e non ad aprire mercati per pochi a scapito di molti”. 

Anche Federanziani contraria
Se i farmaci di Fascia C usciranno dalle farmacie gli anziani saranno i primi a pagare le conseguenze della cosiddetta politica delle liberalizzazioni, con rischi gravissimi per la loro salute. FederAnziani non ci sta, ed è pronta a dare battaglia per salvaguardare il ruolo di garanzia delle farmacie e impedire che la salute degli anziani sia affidata alle politiche di marketing di supermercati e discount, che pur di vendere non esiteranno a praticare ogni tipo di sconto e offerta promozionale del tipo 4X2 o 8x3.
“Siamo convinti che se si andasse verso la liberalizzazione della vendita dei farmaci il mercato non farebbe che aumentare la pressione di marketing verso i soggetti più fragili, con la conseguenza che “ammaliati dalle offerte”, tutti assumeremmo più farmaci, aumenterebbero le reazioni avverse, e di conseguenza i ricoveri con conseguenti decessi, ovviamente tutto a carico dello Stato''.
Così Roberto Messina, Presidente di FederAnziani, dopo aver ascoltato il parere dei vertici della federazione delle associazioni della terza età, rifiuta categoricamente l’ipotesi di consentire la vendita dei farmaci di fascia C.

La posizione dell’Unione tecnica italiana farmacisti (Utifar)
In merito alla liberalizzazione della vendita dei farmaci di fascia C, l’Unione tecnica italiana farmacisti (Utifar) si schiera dalla parte del ministro della Salute. “Le medicine nei supermercati non fanno crescere l’Italia – afferma il presidente Utifar, Eugenio Leopardi – Ancora una volta, in nome delle liberalizzazioni, si fa finta di non comprendere il delicato equilibrio tra uso appropriato e abuso di farmaci di fascia C tra i quali, ricordiamo, figurano le benzodiazepine, i cortisonici e altre categorie di medicinali molto importanti per la salute pubblica. Si tratta di farmaci delicati e spesso oggetto di utilizzi non appropriati”.
 
 
 

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