CdS, anche in farmacia è legittimo sconfezionare per allestire preparazioni

Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 24/2017, pronunciata nel settembre 2016 ma pubblicata solo il 9 gennaio scorso, ha accolto il ricorso presentato dal titolare di una farmacia di Brescia (rappresentato dagli avvocati Claudio Duchi, Francesco Cavallaro e Fabrizio Paoletti), affermando che – ai fini dello sconfezionamento di farmaci industriali al fine di allestire preparazioni magistrali in farmacia – non esistono differenze tra il farmacista di una farmacià privata di comunità e il farmacista ospedaliero.
Il contenzioso ruota intorno al parere del Consiglio Superiore di Sanità del 15 aprile 2014, poi recepito nel provvedimento dell’Aifa del 23 giugno 2014, che ha previsto il divieto, per le farmacie territoriali, di frazionare e riconfezionare il medicinale Avastin in siringhe monouso, riservando tale attività esclusivamente alle farmacie ospedaliere. Peraltro sia il citato provvedimento Aifa del 23 giugno 2014, sia il parere del Consiglio Superiore di Sanità da esso richiamato, sia il parere al riguardo della Commissione tecnico scientifica dell’Aifa, nel motivare l’esclusività del potere di frazionamento e riconfezionamento del prodotto Avastin da parte delle farmacie ospedaliere, si riferivano alla sola necessità di garantire la “sterilità” del prodotto farmaceutico da somministrare.
Alla scelta di esclusiva alle sole farmacie ospedaliere si è opposto il ricorrente, che a seguito dell’adozione della determina Aifa del 23 giugno 2014 aveva ricevuto dalla Asl di Brescia l’ordine di “cessazione dell’attività di confezionamento” svolta sino ad allora. Il suo ricorso, però, era stato respinto dai giudici del Tar e, da qui, la decisione di proporre appello al consiglio di Stato, sulla base del principio fondamentale, che vige nell’ambito del diritto farmaceutico, della pari professionalità tra il farmacista privato e quello pubblico e dell’identità delle regole cui debbono rispondere tanto la farmacia privata che quella pubblica nell’allestimento dei medicinali galenici. Talché, hanno argomentato i legali del farmacista bresciano, non potrebbe affermarsi che solo le farmacie ospedaliere possono garantire “la sterilità”, dovendo tutte le farmacie, siano esse ospedaliere o private, utilizzare le medesime norme di buona preparazione, e garantire la parità di “qualità” delle preparazioni galeniche magistrali.
Inoltre, così come non tutte le farmacie private dispongono delle attrezzature necessarie per il frazionamento, allo stesso modo non tutte quelle pubbliche sono parimenti attrezzate, tanto è vero che sia il Consiglio superiore di sanità sia l’Aifa hanno previsto che il confezionamento possa essere effettuato solo dalla farmacie ospedaliere “in possesso dei necessari requisiti”, confermando così che la qualifica di farmacia ospedaliera non assicura di per sé l’idoneità al frazionamento sotto il profilo della garanzia di sterilità del prodotto finale.
Con un richiamo a una precedente sentenza (la n. 4257/2015) con la quale era stato ritenuto legittimo sconfezionare i medicinali prodotti industrialmente al fine di utilizzarne il principio attivo per allestire una preparazione galenica magistrale, in ragione del fatto che “se il principio attivo si trova in commercio allo stato di materia prima, il farmacista si approvvigiona di esso dal produttore mentre se il principio attivo si trova all’interno di un medicinale prodotto industrialmente non può fare altro che utilizzare quello, poiché non vi è altro modo di garantire al paziente la possibilità di usufruire del medicinale personalizzato che gli è stato prescritto dal medico”, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso del titolare di farmacia bresciano, riconoscendo in buona sostanza che il farmacista di una farmacia di comunità ha le medesime competenze e professionalità del farmacista ospedaliero. Un’esclusiva come quella riservata da Aifa alle farmacie ospedaliere per l’allestimento di preparazioni di Avastin per impiego intravitreale, “non può giustificarsi con la sola natura ospedaliera della farmacia incaricata del confezionamento del prodotto, ma, semmai, con la previsione delle necessarie dotazioni tecniche e metodiche da utilizzarsi, ritenute idonee a scongiurare la contaminazione del prodotto durante la lavorazione”. Se una farmacia privata di comunità ne dispone (come nel caso del ricorrente), la preclusione non ha ragione d’essere, stante le medesime professionalità e competenze del farmacista ospedaliero e del farmacista del territorio.
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