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Fascia C, Luciani: sentenza Consulta «mette un punto definitivo»

«Una pronuncia di estrema importanza, che sembra mettere un punto definitivo alla questione dell’esclusiva sugli etici con ricetta». E’ la valutazione che dà Massimo Luciani, docente di diritto costituzionale alla Sapienza di Roma e consulente legale di Federfarma, della sentenza con cui la Consulta ha bocciato l’ultimo ricorso delle parafarmacie sulla fascia C, contro il quale ha assistito la Federazione. Per l’esperto, al quale Filodiretto ha chiesto di “rileggere” le considerazioni dei giudici costituzionali, «il ragionamento della Corte è completo e rappresenta persino un significativo punto di partenza per futuri chiarimenti della posizione delle farmacie nel nostro ordinamento».

Professore, proviamo a rileggere i passaggi salienti della sentenza…
Non si può che cominciare dalla considerazione secondo la quale «il regime delle farmacie rientra a pieno titolo nella materia “tutela della salute”». La Corte, così, chiarisce che questo e non altro è il valore costituzionale che “governa” l’intera materia. Subito a ruota si colloca la seconda riflessione: «Proprio allo scopo di garantire, attraverso la distribuzione dei farmaci, un diritto fondamentale come quello alla salute» ricordano i giudici, «il legislatore ha organizzato il servizio farmaceutico secondo un sistema di pianificazione sul territorio». La Corte costituzionale, in sostanza, vede nel principio di pianificazione un fattore essenziale di protezione della salute, finalizzato a garantire la distribuzione omogenea delle farmacie in tutto il Paese. E nell’elencare le fonti che hanno disegnato tale sistema, la Consulta menziona anche il decreto legge 1/2012, il cosiddetto “Cresci-Italia”, a conforto dell’ormai dominante giurisprudenza che ha confermato la piena vigenza della pianta organica anche dopo l’entrata in vigore di tale decreto.

I giudici costituzionali, poi, dicono che non c’è solo la pianificazione delle farmacie a tutelare la salute pubblica…
Infatti. Nella sentenza si dice a chiare lettere che alla base dell’approvvigionamento di medicinali c’è una «complessa regolamentazione pubblicistica» caratterizzata «da un complesso di obblighi imposti al farmacista allo scopo di assicurare la qualità del suo servizio». Per quanto riguarda in particolare la classificazione dei farmaci, i giudici ricordano che il decreto 201/2011 ha introdotto «il principio secondo il quale i farmaci di fascia C possono essere dispensati nelle parafarmacie» a eccezione di quelli, individuati dall’Aifa, «per i quali permane l’obbligo di prescrizione e il conseguente divieto di vendita». «Nel regime vigente» continua la Consulta «la regola generale è che i farmaci di fascia C possono essere venduti nelle parafarmacie, mentre l’obbligo di prescrizione e il correlativo divieto rappresentano l’eccezione». In questo modo, la Corte ricorda che la questione della dispensazione dei farmaci è legata a quella della loro classificazione nella prospettiva della tutela della salute umana.

Ed ecco quindi perché, per i giudici, non è «irragionevole» che ad alcuni farmaci sia vietata la vendita nelle parafarmacie: tra queste e le farmacie permangono «significative differenze»…
Esatto. Le parafarmacie, dice la sentenza, sono «esercizi commerciali che il legislatore ha voluto assoggettare a una quantità meno intensa di vincoli e adempimenti, anche in relazione alle prescrizioni». Si tratta di un passaggio di estremo interesse, con il quale la Corte costituzionale precisa ancora più chiaramente i concetti già fissati a suo tempo dalla Corte di giustizia europea. Se quest’ultima aveva posto l’accento soprattutto sul principio di pianificazione per dimostrare la ragionevolezza della riserva alle farmacie, la Corte costituzionale insiste sul diverso regime degli obblighi e dei controlli che distingue le farmacie dalle parafarmacie, smentendo la tesi ch’esse forniscano garanzie equivalenti di qualità e sicurezza del servizio.

E con la libera concorrenza come la mettiamo?
Per la Corte il richiamo alla libera concorrenza e all’articolo 41 della Costituzione non ha rilievo in questa circostanza. Infatti, la sentenza ribadisce che «il regime delle farmacie è incluso nella materia della «tutela della salute», pur se questa collocazione non esclude che alcune delle relative attività possano essere sottoposte alla concorrenza». E «l’incondizionata liberalizzazione» dei farmaci di fascia C «inciderebbe, con effetti che non sono tutti prevedibili, sulla distribuzione territoriale delle parafarmacie le quali, non essendo inserite nel sistema di pianificazione sopra richiamato, potrebbero alterare il sistema stesso, che è posto, prima di tutto, a garanzia della salute dei cittadini». In questo modo, la prospettiva della pianificazione e quella del regime delle garanzie si saldano limpidamente, chiarendosi una volta per tutte le ragioni profonde del diverso trattamento delle farmacie e delle parafarmacie.

E allora, professore, la domanda fatidica: la partita sulla fascia C si può considerare chiusa?
Prendendo atto della giurisprudenza recente della Corte di giustizia europea e in particolare del caso Venturini, la sentenza della Consulta osserva «che le ragioni di tutela della salute, declinate secondo le peculiarità della normativa nazionale, ben consentono di derogare all’ampia nozione di libertà di stabilimento e, di conseguenza, di libertà di impresa». E’ un passaggio di notevole interesse: vi si sottolinea la vasta portata della giurisprudenza eurounitaria e implicitamente si dà l’indicazione che, ad avviso della Consulta, ulteriori pretese di sollecitare nuovi pronunciamenti della Corte di giustizia non avrebbero il conforto degli indirizzi giurisprudenziali ormai maturatisi.
 
 

fonte:

Federfarma

 
 

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