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Che cosa ci insegna l’opera dell’ icona del genio: educare e migliorare la mente è possibile Spicchiamo il volo con Leonardo

Di Nicla Panciera
Celebrare Leonardo
Da Vinci nel cinquecentenario dalla morte significa anche imparare dal suo genio: è possibile provare a pensare come lui per essere creativi e fuori degli schemi nel XXI secolo? Secondo l’americano Michael
Gelb, consulente aziendale e autore di «Pensare come Leonardo», bestseller in 25 lingue, in Italia edito da Carocci, «non solo si può, ma oggi è più importante che mai. Possiamo accedere in un istante al sapere
di tutte le culture e il Maestro adorerebbe questa opzione.
Ma c’è un assalto di “spazzatura” che crea dipendenza, basandosi su paura e attrazione.
Dobbiamo diventare curatori della mente e dei sensi per scegliere solo ciò che è nobilitante e stimolante». Per trasformare individui a una dimensione di marcusiana memoria in cittadini rinascimentali, completi e
poliedrici, Gelb elenca sette principi vinciani: alimentare la curiosità e la sete di sapere; verificare
le proprie conoscenze e imparare dagli errori; non sottovalutare la percezione sensoriale; abbracciare il dubbio e l’incertezza; avanzare in equilibrio tra logica e immaginazione; non trascurare il corpo;
riconoscere l’interconnessione tra le cose. Si tratta di «un sistema integrato per il risveglio e l’espressione del potere creativo».
Le grandi menti - si sa – sono assetate di sapere. «La curiosità è il principio base, gli interrogativi che ci poniamo e teniamo a mente ogni giorno influenzano la qualità delle nostre vite - ci racconta -. Aiuto i lettori a sperimentare un Rinascimento di quella passione naturale ». Tutto questo è possibile, a patto di sviluppare un’attitudine ai cambiamenti, abituando il cervello alla novità.
«Leonardo ha avuto un’educazione discontinua e disordinata.
Era un anticonvenzionale in tutto», ricorda Nicola De Pisapia, ricercatore di scienze cognitive dell’Università di Trento. «La scuola spegne, invece di favorire, genialità e creatività, perché insegna a seguire le regole
e a memorizzare passivamente e dipartimentalizza il sapere in discipline. Il sistema scolastico è semplicemente sbilanciato verso un solo aspetto delle capacità cognitive, che sappiamo essere molte, come
l’intelligenza logica-matematica, spaziale, linguistico-verbale, emotiva, relazionale, naturalistica, musicale».
Cruciale è anche l’apertura all’errore e all’incertezza, che porta a nuove connessioni, ma «è costosa cognitivamente e socialmente - spiega De Pisapia -. Tutti i sistemi organizzati cercano prevedibilità e  tabilità per pianificare. Si devono trovare spazi e tempi in cui l’errore è consentito per favorire il pensiero divergente, laterale e creativo, altrimenti soffocato dal timore di critiche e punizioni e che porta a comportamenti stereotipati e convenzionali».
Il dubbio libera dalla zavorra rappresentata dal bisogno maniacale di certezza e favorisce un pensiero non
cristallizzato. Come quello ispirato dalla multidisciplinarietà e dalla transdisciplinarietà: sono caratteristiche – prevede De Pisapia, ricercatore leonardiano per eccellenza, spaziando dalle scienze cognitive alla meditazione, dalla filosofia al business - «che diventeranno la chiave per la sopravvivenza in un mondo in costante cambiamento».
Chi pensa fuori dal coro ha una connessione robusta tra specifiche aree cerebrali che lavorano in opposizione: la rete neurale dell’attenzione esecutiva e quella di default (detta «Default mode network»), attiva quando la mente è libera di vagare e che si inibisce, invece, quando iniziamo a concentrarci
su un’attività specifica. La presenza di una propensione naturale, però, non esclude che chiunque possa avviare un processo di sviluppo individuale. Partendo dalla centralità del corpo, su cui Leonardo non transigeva, nella salute come nella cognizione. Possiamo acquisire consapevolezza tramite la meditazione, come insegna la saggezza orientale e come confermano le neuroscienze.
«Attenzione a intellettualizzare troppo - mette in guardia De Pisapia -. L’intelligenza nasce e si fonda sul corpo, sul movimento e sulla percezione sensoriale, che non smettono di nutrire la mente».
C’è un’ottava regola, che include le altre ed è la più insidiosa. «Le massime del Maestro rivelano la spiccata osservazione dei meccanismi di funzionamento del proprio pensiero. È la metacognizione, la facoltà che ci caratterizza come umani - conclude De Pisapia -. Questa apertura significa anche saper creare sé stessi come un’opera d’arte».
 
 

fonte:

La Stampa

 

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